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Categoria: agricoltura

Giro numero 32

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Il mandorlo segna la partenza vero del giro ma in verità il giro comincia già dopo il raccolto delle olive: Tagliare la legna, pulire quel che non si è pulito d’estate, potare la vigna, fare le fascine per il forno, tagliare le canne, preparare i salci, stendere il letame e via di quel passo fino alla fine di luglio. Questo ritmo dei lavori che si ripetono ogni anno ha qualcosa di rassicurante, di familiare, solo che il fisico non è più quello di una volta, in compenso il contadino ha abbastanza messo a punto i metodi di fare meno fatica possibile.

Sarà che una volta non finirà il giro, ma adesso no, vuole finire questo qui e vedere com’è – se pioverà, se ci vengono le nespole e le pesche; un giro è sempre lo stesso ma mai uguale.

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La storia del coltro abbandonato

C’era una volta una un bel podere, con i buoi che tiravano il carro, rastrello e il coltro e tutto quel che c’era da tirare; c’erano anche dei bei campi, tutti a terrazze, i ciglioni con gli alberi e le prode d’uva, c’era la mezzadria e i padroni.

Ma non poteva durare per sempre, arrivarono trattori, industrie dove si poteva guadagnare e così un bel giorno il coltro rimasto dov’era, sul suo ultimo campo, arrivarono i rovi, le rose e le ginestre e presto queste terrazze erano un bel macchione. Passaro gli anni, il macchione quasi quasi voleva indirizzarsi a bosco, ma ecco una ruspa che per tre giorni faceva una piaggia unica, ovviamente con molta pendenza. L’acqua faceva la sua parte e il macchione si trasformo presto in ginestraia con paleo dove pascolavano le pecore del contadino. Arrivarono pure degli asini e pian piano il pascolo migliorò.

Un bel giorni d’inverno il contadino si decise si tagliare il bosco sul ciglione in fondo, quello dove la ruspa trent’anni fa ha accumulato tutta la terra e il primo macchione – ci viene la legna che basta per due anni. E cosa vedeva?

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(ci sarebbe una seconda versione, nella quale l’ultimo contadino inizio anni sessanta lo butto lì sotto nella disperazione)

E ci sarebbe anche da tirarlo via da lì, non sta bene.

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… le api e aver la coscienza a posta!

Ma ovviament così è troppo facile, occorrerebbe non comprare i prodotti che fanno uso di quel che non vogliamo. I cellulari e le miniere nel Congo; i vestiti e le fabbriche con donne e ragazze mezze schiave in Bangladesh e i campi di cotone OGM; e nel caso delle api tutta la carne di animali che allevati con il granturco coltivato con questi neonicotinoidi e la soia degli ex foreste pluviali in Sud america.

Ma cliccare se non basta non fa neanche male.

Il 27 aprile 2018 l’Unione Europea ha approvato il bando permanente di tre insetticidi neonicotinoidi dannosi per le api: l’imidacloprid e il clothianidin della Bayer e il tiamethoxam della Syngenta.
Il loro utilizzo resta però consentito all’interno di serre permanenti. Inoltre, è ancora consentito l’uso di altri neonicotinoidi: acetamiprid, thiacloprid, sulfoxaflor e flupyradifurone e altre sostanze quali cipermetrina, deltametrina e clorpirifos, tutti insetticidi potenzialmente pericolosi per le api e gli altri insetti impollinatori.

PER QUESTO CHIEDIAMO AL GOVERNO ITALIANO E ALLA COMMISSIONE EUROPEA DI:
bandire l’uso di tutti i pesticidi dannosi per le api e gli altri insetti impollinatori
applicare rigidi standard per la valutazione dei rischi da pesticidi
aumentare i finanziamenti per la ricerca, lo sviluppo e l’applicazione di pratiche agricole ecologiche
Recenti studi hanno confermato che i neonicotinoidi danneggiano non solo le api, ma anche i bombi, le farfalle, gli insetti acquatici e persino gli uccelli, con possibili ripercussioni su tutta la catena alimentare.

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Strade bianche

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Al contadino piange il cuore vedendo questo immagine e deve ammettere che fino a stamattina non sapeva niente delle proteste dei pastori sardi. Le cose sono complesse e non è facile capire le cause e le soluzioni, ma una cosa è certa: l’agricoltura è minacciata dalla logica di economia di mercato, dappertutto e in modo grave: per le persone e per l’ambiente.

Il prezzo di circa 60 centesimi al litro – sostiene la Coldiretti – è una “elemosina che non copre neanche i costi di allevamento e di alimentazione e spinge alla chiusura i 12mila allevamenti presenti in Sardegna in cui si trova il 40% delle pecore allevate in Italia che producono quasi 3 milioni di quintali di latte destinato per il 60% alla produzione di pecorino romano (Dop)”. “Siamo di fronte ad un cartello dell’industria con l’iperproduzione del 2018, che si basa su una scelta della ‘trasformazione’ di lavorare Pecorino romano, non rispettando le quote produttive assegnate, e non si può scaricare completamente sul prezzo del latte alla stalla. Di questo – continua la Coldiretti – non sono responsabili i pastori che non hanno prodotto un litro di latte in più, ma la ‘trasformazione’ che ha deciso di produrre più Pecorino romano rispetto ad altri formaggi dell’anno precedente”.

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Il punto giusto

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E’ davvero strano, adesso che le olive sono mature il giusto e si staccano pure non facilmente quasi tutti hanno già finito il raccolto da settimane e i frantoi sono vuoti. Il contadino non è tanto convinto di quel “ma l’olio è meglio quando le olive sono colte presto”. Secondo lui anche per le olive una maturazione equilibrata si ha quando gli uccellini le mangiano e quando qualcheduna si trova in terra. Qui sopra pendoline e leccine vizze. Il raccolto è abbondante e mica finito ancora, altre 3-4 quintali sono ancora sugli alberi.

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Sopra le mignole, anche loro al al punto perfetto di maturazione. Stranamente hanno reso di più di quelle altre miste, il 16%. Ed è anche annata di moraiolo qui, anche loro solo adesso si staccano abbastanza bene, manca la fotina però. Sotto grossaie vicino al bosco.

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Speranze per le mucche?

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Oggi si vota nel paese di origine del contadino un’iniziativa che incentiva i contadini di lasciare le mucche intatte. Le corna sono fondamentali per la digestione, ed ecco perché ci sono delle indicazioni che il latte “Demeter” (che vieta di togliere le corna) viene digerito bene anche da chi normalmente ha un intolleranza al lattosio.

35 anni fa il contadino ci lavorava un anno con le mucche nelle montagne, d’estate c’erano 39 mucche con le corna e una senza, oggi si chiama mobbing quel che hanno fatto a quel povero animale. I contadini mettevano pure dei ferri per fare crescere le corna in modo perfetto se era necessario.

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La stagione e le olive

Sono tempi strani, nel senso di “che tempo fa? e “temporale””… la lingua italiana è strana sodo a volte, usando la parola “tempo” per due concetti abbastanza distinti ma forse lo sono solo a prima vista.

La sciroccata qui è passate senza fare danni, nemmeno tante olive per terra, vuol dire che non sono maturatissime e infatti il primo olio qui e quello dei vicini non è un granché di sapore: dolcino, verde e un po’ di pizzico e basta. E invece tanti hanno già finito completamente la raccolta, ora che la pioggia ha invigorita gli alberi in stress idrico fortissimo – secondo lui le olive hanno patite troppo nelle ultime settimane per fare un buon olio e spera che adesso la situazione sia cambiata. Ha da cogliere ancora la maggior parte ma le pioggerelle lo condannano a stare in casa a innervosirsi… pazienza dove sei?

Già, quasi il contadino se ne dimenticava: rese alte, altissime, anche quasi il venti. Fuori del normale.

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Le olive ci sono

Qui almeno ci sono e anche tante e anche avanti, l’intenzione è di cominciare verso il 22.
E’ tanto che il contadino voleva scrivere qualcosina sulla sua (per)occupazione primaria, gli ulivi. Allora:

Bene l’acqua d’inverno, dopo la siccità nel 2017 ha praticamente pioviscolato a diritto – con l’effetto che lui non poteva nemmeno spargere tutto il letame. Male quella notta con meno nove gradi, lì per lì non si vedeva nulla, ma quando lepiante di aprile si sono mosse ecco, bruciati i rami bassi delle grossaie nei soliti luoghi, ultima volta era nel 2007. Non li ha nemmenopotati, forse ha fatto bene così non hanno messo niente di vigore che si poteva riempire di rogna. In tutto una trentina di piante dannegiate, alcune da tagliare alla base (e innestarle poi con leccino o simile)

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Grande assente fino dieci giorni fa la mosca mentre c’era quel moscerino suggiscorza che crea queste porzione di rametti disseccati sparse sulla pianta e la margaronia che ha pure eroso qualche oliva. La mosca alla fine c’è l’ha fatto ugualmente, anche se ancora limitato l’attacco, sulla trappole la trova al confine dei suoi oliveti,lo Spintor Fly sembra che abbia fatto bene il suo lavoro. Sulle trappole si trovava una marea di altri insetti quest’anno – e i termiti puliscono la legna marcia nelle ceppe, ormai sono onnipresenti qui.

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Se ha piovuto bene fino agosto dopo l’acqua mancava, così che in tanti posti le olive erano avvizzite, poi ha piovuto il minimo necessario ma non di più e adesso regna la tramontana di nuovo. L’impressione è che si fanno le raccolte sempre per quasi un miracolo gli ultimi anni.
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Vendemmia 2018

Forse il contadino potrebbe anche prendersi il tempo di scrivere due parole sull’uva, è solo che gli sembra pieno zeppo ‘sto internet e non vorrebbe aggiungerci altro peso forse inutile. Comunque era un ottima uva, ma molti avevano problemi di peronospera pure in collina e quindi molti chicchi/grappoli seccati, ma sembra che lui sia stato bravo a ramare invece, anche se andava al limite del rame/ettaro consentito nel biologico. Un quintale di uva di tavola sta appesa in capanna, il vino rosso suo è già nella botte di legno e secondo il suo mostimetro dovrebbe avere 15,5%… aveva 24 gradi di zucchero e bolliva giù in 10 giorni in vasca aperta. Il bianco grada meno, solo 22, quindi verrebbe un vinello di 14%. La vinaccia sta ancora a bollire con acqua e una mezza bigoncia di uva canaiola e dovrebbe diventare acquetta.

L’uva nera di pomeriggio a coglierla non si toccava quasi così scottava e la sera la diraspatrice sembrava un braciere che emanavo un calore da scaldarsi le mani.

Quest’estate sembra non finire poi.

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“Che abbandano di agricoltura è questo…”

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Alcuni frasi rimangono impresse nella memoria, questa è una in quel del contadino. A pronunciarlo era Nello dei Bianchi, quello che girava d’estate non col capello ma con un fazzoletto in testa, ed era quando era già molto vecchio a la moglie non voleva che prendesse l’apino ma è venuto su questa collina, si è guardato intorno è disse: “Ma quant’ho lavorato qui… ma quant’era sciucco…” e scosse il capo, poi guardando la colline di fronte da Collegalli a Balconevisi pronunciava la frase del titolo.

Ora da qualche giorno il contadino è venuto a conoscenza di questo servizio della regione Toscana, richiede un po’ di apprendimento ma è fenomenale. Gli edifici sono quelli attuali nelle foto e nella slide.

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