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Categoria: agricoltura

Finalmente…

… ha piovuto anche qui, e per bene e senza danni, una sessantina di millimetri. Finore tutte le burrasche che giravano si sono fatte vedere solo di lato o di dietro. Ne ringrazia l’uva ancora da cogliere, certe viti hanno patito parecchio l’arido.

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Pomo d’ori

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Wikipedia

In Italia è documentato dal senese Pietro Andrea Mattioli che nel suo Medici Senensis Commentarii del 1544 lo definì mala aurea, poi tradotto letteralmente in italiano come “pomo d’oro” dal suo caratteristico colore giallo oro.

DI quelli tondi il contadino ne ha quattro cassette in capanna – hanno una buccia spessa e dura e dovrebbero durare fino anno nuovo, vediamo.

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Quando è maturo il cocomero nell’orto?

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Per venire a sapere certe cose a volte ci vuole molto.
Quest’anno il contadino ha sentito che il punto giusto per cogliere il cocomero sarebbe quando il piccolo viticcio vicino al gambo s’è seccato.
Dopo 6 cocomeri colti al punto giusto il contadino può affermare che codesto è un ottimo consiglio, basta bussarli e sentire i rimbombi.

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Annata agricola 2019 , qui

Un p’ che il contadino vorrebbe informare internet delle cose della natura e dell’agricoltura, poi internet bisogna riempire di cose e cosette e cosucce (almeno il contadino crede di non partecipare alla gara di bugie e insulti in atto).

Dunque dal’più importante in giù: olive pochissime, a parte le mignole, quindi (probabilmente) olio poco poco ma ottimo.
E’ un po’ così ovunque qui.

Uva tanta, ha patito il caldo ma come per miracolo è venuto l’acqua dal cielo come la manna.
Patate ottime, tante e grosse, a tutti qui. Cipolle pure. Le mele non hanno fiorito.
Il pomo (kaco) ha allegati tremila e sono cascati quasi tutti con il primo caldo di 41°C, ora cascano i cinque rimasti. Ma nespole, susine e susine lunge e pesche si sono dati la mano: due mesi che si mangia la frutta, il susino rosso avrà avuto un quintale, piccole e raggrinzite.
Il mandorlo è pieno pure ma si deve annaffiare.
Il tutto è indietro di una decina di giorni.
Con i pomodori c’era fortuna: l’ha piantati presto, dopo è venuto un po’ di grandine e il freddo (3°C) e acqua per due settimane ma hanno resistiti e sono partiti alle grande, sono alte anche 2 metri, purtroppo parecchie con le punte nere, bolla – mancanza di acqua e calcio si dice.

E da altre parti?

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Monocultura a pesticidi patrimonio dell’UNESCO

Oggi alla radio un ascoltatore di “Prima pagina” su Rai3 ha raccontato come ha cambiato il paesaggio negli ultimi decenni, spariti i susini, le pesche i noci le siepi per far posto a una monocoltura.

La candidatura, proposta sin dal 2010 e sostenuta nel 2017 dall’allora ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina, ha visto infatti sollevarsi il fronte del ‘no’ da parte di alcune associazione ambientaliste (tra cui Wwf, Legambiente, Pesticides Action Network, Marcia Stop pesticidi, Colli Puri) preoccupate degli effetti della viticoltura intensiva e dell’uso dei pesticidi che caratterizzano la produzione delle colline del Trevigiano. Alla monocultura che divora il suolo, con siepi e alberi che non ci sono più, si aggiungono i danni di fitofarmaci e altri erbicidi, secondo gli ambientalisti che da anni combattono la lotta contro le sostanze chimiche tossiche utilizzate nei campi.

Il Veneto sembra tenere un record triste:

Il Veneto, come dicevamo, è l’unico territorio che riesce a fare peggio del nostro con 11,7 kg di pesticidi per ettaro di superficie agricola utilizzata.

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“Con la tramontana allega ognicosa”

Vecchio detto del Mancini, ma si riferiva ai pomodori e ulive. Però sembra pure vero per i frutti, certi giorni le api avevano problemi grossi di mettersi su un fiore perché erano sempre in rapido movimento e pure…
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Con quel seccume qualcuno è contento che il pannello solare termica versa…
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I costi esterni della produzione agricola

Al contadino sembra ovvio che i danni ecologici della produzione industriale agricola convenzionale pagano alla fine i contribuenti, ma come promemoria incolla qui parte della newsletter di Allianz Eliant:

Se fossero conteggiati i costi ambientali indiretti della produzione agricola, i prezzi di produzione, soprattutto per i prodotti convenzionali, aumenterebbero fortemente. Questo è l’esito di uno studio dell’Università di Augsburg recentemente pubblicato (in tedesco) e un’informazione da Natural Grocers (in inglese).

I veri prezzi degli alimenti
Se nella formulazione dei prezzi si tenessero in considerazione i veri costi di produzione, i prodotti di origine animale ottenuti in maniera tradizionale dovrebbero costare il triplo (incremento del 196%) – i prodotti biologici invece dovrebbero costare solo poco meno del doppio (incremento dell’82%). I latticini ottenuti in maniera tradizionale si dovrebbero pagare il doppio, i prodotti biologici solo il 35% in più. I prodotti di origine vegetale ottenuti in maniera tradizionale costerebbero il 28% in più, quelli biologici solo il 6% in più.

I costi esterni finora non contenuti nei prezzi
Molti costi, che nella produzione di alimenti sorgono per l’ambiente e devono essere indirettamente pagati dai cittadini e dalle cittadine con le loro imposte, non sono contenuti nei prezzi degli alimenti. Nello studio effettuato ad Augsburg si sono presi in considerazione tre fattori di costi esterni: azoto, emissioni di gas serra e consumo energetico. Non è stata compresa l’acqua.
Ne emerge che i prodotti biologici presentano risultati sempre migliori rispetto a quelli di prodotti analoghi ottenuti in maniera tradizionale.

La distruzione del nostro ecosistema naturale
Il nostro moderno sistema agricolo industriale tradizionale distrugge sistematicamente il nostro ambiente e i nostri ecosistemi naturali. Pesticidi e insetticidi causano danni collaterali ed eliminano alcuni dei nostri più preziosi insetti impollinatori, quali per esempio le api

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Lezioni

La scuola finisce mica dopo l’adolescenza, tutti giorni sono pieni zeppi di insegnamenti i quali spesso non gli notiamo nemmeno.

Stamattina il contadino ha appiccicato il fuoco alla massa di legno di fico e olivastri, con una nebbiolina che pioveva quasi
– sembra che ci si deve accontentare di questo, non ha voglia di piovere da mesi e nemmeno gli asparagi crescono bene. E ha dovuto pensare al Monte Serra alcuni giorni fa quando tirò quella tramontana per giorni.

A far scoppiare l’incendio è stato, per errore, un anziano che ha bruciato dei rovi. “Erano più di due anni che volevo bruciare quei rovi, maledetto me. Stamani, giuro, non c’era vento. Gli altri giorni sì, oggi no. Ho controllato alle 7 e alle 8, poi intorno alle 9,15 ho appiccato le fiamme, avevo anche circoscritto per bene l’area per non rischiare”.

La lezione qui sarebbe che bisogna saper aspettare il momento giusto. Ed è una lezione difficile.

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