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Categoria: agricoltura

Wasserzeit

Visto la stagione che fa e visto l’onda anomala che ha colpito la crociera al contadino viene in mente cosa diceva Ecevit tempo fa:

“E’ tempo dell’acqua adesso. Aumenteranno i Tsunami, le onde anomale e ci saranno molti tempi in cui i contadini non potranno entrare nei loro campi”

Wikipedia:

Le onde anomale sono un fenomeno marino di cui non si conoscono né le cause né l’origine. Sono state osservate onde anomale alte da 25 a 30 metri, che sembrano formarsi in modo imprevedibile […]

Tali onde possono essere estremamente pericolose poiché sono in grado di affondare navi anche di grande stazza. Mancando prove scientifiche della loro esistenza, fino a poco tempo fa questo fenomeno era ritenuto da molti esperti una pura invenzione dei marinai. I pochi sopravvissuti hanno sempre riportato racconti ritenuti non realistici, anche perché secondo i modelli statistici la probabilità di formarsi un’onda di tali altezze era di una ogni 10.000 anni. È stato calcolato che negli ultimi vent’anni sono scomparse in mare più di 200 grosse navi e alcuni pensano che nella maggior parte dei casi la causa vada ricercata nelle onde anomale e non nel maltempo (causa indicata nella maggior parte dei rapporti). Il gran numero di grosse navi scomparse è dovuto anche al fatto che sono tutte progettate per resistere senza problemi ad onde alte fino ad un massimo di 15 metri.

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Primavera percepita

rete

Come da titolo, già dieci giorni fa si sentiva la sua presenza ma oggi in via definitiva ha cominciato la corsa della natura e per forza delle cose anche quella del contadino che ci corre dietro come sempre già con un ritardo iniziale notevole, dovuto alla sua pigrizia, le piogge e naturalmente a internet, quel mostro che si nutre del tempo nostro e ne divora tonnellate.

Quindi chiede scusa quando non posta più le belle notizie preoccupanti dell’economia sull’orlo e altro amenità (completamente assurda l’attuale discussione “corrotti fuori” – non era già vietata prima?) in quanto i lavori lo lasciano in uno stato semi cosciente di sera.

E’ partito il wwoofer italiano e sono arrivati due dal Montana (ormai quest’aziendina si tiene solo a galla con la forza e la voglia di fare e imparare della gioventù americana) si sostituisce la rete vecchia che l’istrice ha ridotto in frantumi in cerca delle patate l’anno scorso, ha cominciato pure la potatura degli ulivi che i lavori è importante iniziarli. Sono nate le prime piantine d’insalata, c’ da seminare le carote e le patate se solo finalmente un giorno asciugasse il terreno e si deve interrare il letame sparso sotto gli ulivi. Pure già potato un salce e le fascine nella vigna aspettano la loro legatura, ci sono da controllare i pali, nel bosco la legna è per terra ma solo sistemato a meta e ci sono circa altri tremila posti dove intervenire, meglio se domani.

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Quanto lavoro c’è da fare

Secondo l’Africa stockpiles programme (Asp – Programma africano per gli stock di pesticidi obsoleti) la quantità di vecchi pesticidi disseminati in tutta l’Africa sarebbe almeno 50.000 tonnellate.

Greenreport

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Risultati monitoraggio delle ape

Per adesso è confermato la versione degli apicoltori:

In Italia, sospesi nel 2009 i trattamenti per la ‘concia’ dei semi di mais a base di neonicotinoidi, non sono state riscontrate morie massive di api. Soltanto l’anno precedente circa il 50% della popolazione degli alveari era morta (il livello più alto dell’Unione Europea, che in media ha toccato il -25%. Fonte Efsa), con un danno enorme per l’agricoltura…

“Avevamo ragione a denunciare il killeraggio dei nenonicotinoidi, visto che il Ministro Luca Zaia ha annunciato la sospensione della concia dei semi anche per il 2010. Ma c’è di più –ha dichiarato Francesco Panella, presidente nazionale dell’Unione Apicoltori Italiani-, le ricerche della dottoressa tedesca Hedwing Riebe e del professor Vincenzo Girolami dell’Università di Padova evidenziano che il veleno dai semi risale sulla superficie della pianta con il fenomeno della ‘guttazione’. Quel ‘sudore’ si asciuga e la molecola chimica velenosa imbeve la rugiada del mattino, che transita per contatto o prelievo su altri organismi. Le multinazionali degli agro-farmaci da anni conoscono questo fenomeno –ha concluso Panella- ed hanno deliberatamente nascosto la verità alle istituzioni comunitarie ed ai cittadini”.

Non è facile tener testa contro il potere della Bayer e altri, e una sospensione non è un divieto.
Per i dettagli cosa fanno questi nenonicotinoidi: Appunti sul gaucho

PS: Quello che evidentemente non funziona è il sistema degli studi scientifici, visto la realtà dei fatti. Un problema grosso è che chi li ordina è interessato a un certo risultato (nel caso della Bayer vuole dimostrare l’innocuità per le ape del veleno):

Bayer claimed that several studies had been made in open air as well as in greenhouses in Argentina, Canada, Germany, France, Great Britain, Italy, Sweden, South Africa, Hungary, and the United States, and that all those studies confirmed Imidacloprid was not dangerous to bees.

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Sulla delicata questione se mangiare il gatto e se sì come

Stranamente una notizia che muove molto il mondo è la faccenda della ricetta per i gatti di Bignazzi, il contadino stesso l’ha letto sul feed del ARD tedesca. Quando era giovane e mancava un gatto nel quartiere girava voce che erano gli italiani a averlo mangiato. Ora qui forse sono i rumeni i colpevoli, ogni popolo deve avere i suoi barbari.

A parte che Bignazzi ha completamente ragione se dice che sostanzialmente non c’è differenza tra uccidere un finocchio, un maiale o un gatto per cibarci – si uccide sempre un essere vivente – il fatto è che noi di solito non mangiamo animali carnivori, ma animali vegetariani.

Niente volpi, lupi, cani e gatti sul tavolo e l’eccezione della regola sono gli maiali (se ci casca un pollo sparisce in 5 secondi) e gli polli, con un breve intervallo nel quale anche le mucche mangiavano carne, intervallo finito piuttosto male per noi e loro.

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Etanolo: un peccato mortale

Il contadino crede che esistono degli azioni umani che fanno parte di questa categorie e hanno effetti karmici devastanti per gli li compie. Uno è la produzione di etanolo in Africa e altrove.

Qualche giorno fa ha letto su Le monde diplomatique (ci sono pochi altri giornali che riescono dare delle descrizioni così accurati del male del nostro pianeta) cosa sta succedendo per esempio in Sierra Leone, uno dei paesi più peveri del mondo, al Rokel River.

Quello che preoccupa di più è cheriescono di fare passare questo scempio culturale-agricolo-ambientale come “sostenibile e ecologico”, grazie alle direttive europei:

Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché, entro il 31 dicembre 2005, la percentuale minima di biocarburanti immessa sui loro mercati raggiunga il 2% e il 5,75% entro dicembre del 2010. Gli Stati membri che fissano obiettivi meno elevati dovranno giustificarlo ricorrendo a criteri obiettivi.

Di questo siamo responsabili noi tutti. Ecco alcuni stralci dalla versione ufficiale di Addax:

Addax Bioenergy, a division of the Swiss-based energy corporation Addax & Oryx Group (AOG), is developing a Greenfield integrated agricultural and renewable energy project
in Sierra Leone to produce fuel ethanol and electricity. The project will consist of a
sugarcane plantation, ethanol distillery and biomass power plant and related
infrastructure.

Feedstock : Sugarcane
Plantation size : 10’000 hectares
Milling capacity : 200 Tons of cane per hour
Distilling capacity : 350’000 litres of Ethanol per day
Power capacity : 15 MW or 100’000 MWh per annum for export
Total investment : about 200 million Euros
Workforce : > 2000 direct employees
Production start : 2012 […]

In order to meet EU law on sustainability criteria, the
industrial and agricultural operating procedures adopt international best practices from
the sugar industry and principles and recommendations from the Roundtable on
Sustainable Biofuels (RSB) and the Better Sugarcane Initiative (BSI) of which Addax
Bioenergy is a member.

Per chi vuole farsi rotolare nel male ancora di più un audio di un ora e ecco un altro articolo sulla corsa alle terre africane.

La nuova corsa all’oro. Terra.

http://farmlandgrab.org/10276

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Dzud

Quando siccità e freddo fanno sul serio:

La Mongolia con una superficie di 1,6 milioni di km2, grande più o meno come l’intera Europa occidentale, è uno dei Paesi più esposti ai colpi del cambiamento climatico: questa ondata di freddo, con temperature tra i -40 e i -50 gradi, fa seguito ad un’estate ed un autunno segnati da una siccità prolungata che ha distrutto il foraggio che doveva servire a nutrire gli animali durante l’inverno. I Mongoli hanno battezzato questo fenomeno meteorologico estremo “dzud”.

E il dzud si è trasformato in una immensa strage di bestiame: «1,7 milioni di bestie al 31 gennaio – spiega la Fao – Se le condizioni attuali persistono, il governo stima che le perdite potrebbero raggiungere i 3 – 4 milioni di capi di bestiame entro la primavera».

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Le idee e la realtà

Oggi al contadino è capitato il Tirreno davanti gli occhi, e ha letto un articolo sugli Parchi Kyoto dal titolo “È già secco il parco di Kyoto” (non sapeva nemmeno che esistono):

«Il Comune – spiega Floriano Baldacci, assessore all’ambiente – non ha l’obbligo della manutenzione. Spetta alla forestale». Ed entra poi nel merito, analizzando la salute degli alberi. «Le piante sono giovani. E’ per questo motivo che sono basse e piccole e si scorge solo il legno che le sostiene. Qualcuna arriva a 60 centimetri ma la maggior parte si assesta sui 30. L’erba alta poi, in estate, serve a rinfrescarle».

Assurdo, l’erba alta che c’è d’estate ha bevuto tutto l’acqua, altro che rinfresca qualcosa, magari una butta una cicca e prendono pure fuoco. I contadini hanno zappato non per nulla per secoli la terra, specialmente con piantine giovanimesse a dimora.

Sembra una di quelle belle iniziative che vengono dall’alto e nel basso e concreto non c’è nessuno chi è responsabile e cura le povere piantine.

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Arance amare

Il contadino non sa bene cosa dire e ha più domande che risposte, a proposito di Rosarno. Viene a galla tutta la situazione schifosa nella quale è finita l’agricoltura con il pensiero economico neoliberale (crescità e concorrenza globale).

Gli africani colgono i pomodori, le mele e le arance, i rumeni e albanesi tagliano la nostra legna e costruiscono le nostre case, le ucraine e polacche badano i nostri vecchi e le cose che compriamo vengano dalla Cina, durano poco e riempiano le nostre discariche.

E noi facciamo i padroni con i ragazzi annoiati a morte?

Zaia propone la certificazione per prodotti agricoli colti nel rispetto della legge.

… io credo molto anche nella certificazione etica. Un marchio che garantisca che le produzioni alimentari e agricole non sono avvenute attraverso lo sfruttamento del lavoro.

Raccogliere prodotti agricoli nel rispetto delle norme a costi concorrenziali è impossibile. Fare controlli a tappeto significa chiudere molte aziende medie-piccole (e anche grandi).

La certificazione etica sarebbe lo stesso lavoro che dovrebbe fare l’ispettorato del lavoro, vero?

Chi fa i prezzi, veramente?

Certifichiamo anche i bulloni, la pasta sciutta, i calzini e le magliette, i mattoni della nostra casa, i mobili, la carta per non parlare dei nostri amati e indispensabili giocattoli elettronici: telefonini, netbook, PC?

Vogliamo diversi tipi con diversi prezzi di prodotti agricoli: normale, etico, bio, bio+etico ?

Non sarebbe meglio forse di tentare una soluzione alla base di questi problemi?

Tassare i consumi e non più la manodopera (contributi INPS pagati con IVA)?

Un reddito di base per gli agricoltori (e il resto del paese)?

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La crisi del post-raccolto

letame

Finito a cogliere le olive bisogna rifare da capo tutto un altra volta, tutti gli anni. E’ insieme il punto finale e il punto di partenza.

Quasi quasi il contadino c’è l’ha fatto di portarli tutto il letame prima che si mette a piovere (o a nevicare) – che l’acqua deve venire ancora tutta tutta – un mucchietto a pianta.

Oggi ormai ci sono poche cose così sensate come concimare le piante. A lavorare la terra ci pensano i cinghiali:
cinghiali sotto l'olivo

PS: Il contadino si è avventurato nel mondo excel e ha digitalizzati i dati segnati ogni anno dal ’91 sugli calendari della Thun:

dati olio 1991-2009

A prima vista si vedono bene 3 cose: l’aumento della produzione (il gelo del ’85, il recupero delle piante, la messa dimora di piante giovane), l’alternanza in attenuazione e un leggero calo della resa.

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L’olio (le cifre)

mignole

Da qualche giorno è terminata la raccolta delle olive e visto che oggi tutto si misura e si conta:

– 22 quintali di olive hanno dato 350kg d’olio, resa media 16.2%

– spese esterne (senza contare il lavoro e il trattore) tra frantoio e trappole per la mosca: 720,00 ovvero 2€/kg

Per paragone: l’azienda B.P ha prodotto pure lei 20 quintale di olive che hanno reso 360 kg olio ma…

– 5400 euro spesi per la potatura (600 piante)

– 6kg di olio/qt per i raccogliatori = 120kg; rimane 240 kg

– 300,00 Frantoio + lavorazioni e concimazioni ecc,

quindi minimo 25€/kg di costi.

Non c’è da meravigliarsi che si cominciano a (ri)vedere oliveti abbandonati.

(poi c’è quell’azienda che ha comprato lo scuotitore, ma purtroppo non si staccano e non si staccano, quest’anno)

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L’olio novo

Fatto l’olio in questo frantoio sottovuoto e si trova in fase di valutazione, come si dice. Lavorano bene, nulla da dire. L’idea è di evitare nella fase di lavorazione ogni contatto sia con l’aria sia con l’acqua per non ossidare e lavare i polifenoli. La pasta nella gramola gira verticalmente per non mettere sotto la superficie e sottovuoto, il decanter lavora senza acqua e non c’è un ulteriore separatore; la temperatura non supera mai 20°, infatti l’olio usciva a 16°.

Ma ha ragione l’apicoltore: all’inizio è quasi troppo forte per mangiarlo, ma nel tempo si conserva meglio con tutte le caratteristiche – il contadino ha assaggiato l’olio di un anno fa e sembrava nuovo.

Già, e la resa? Quasi il 17%.

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