Si chiama Aethina Tumida, originaria del Sudafrica e approdato probabilmente con un carico di frutta, magari già un anno fa.
Secondo gli esperti, il coleottero può diffondersi nel nostro paese tramite il candito, un alimento comunemente usato per le api e, quindi, attraverso regine, pacchi d’api o favi infestati. Oltretutto, l’Aethina si riproduce nel terreno di fronte agli alveari, per cui è molto facile che il rischio di infestazione sia elevato dove si pratica il nomadismo.
Altro aspetto particolarmente grave, è che l’Aethina non solo colpisce le api, ma anche il polline e il miele, portandolo alla fermentazione. Secondo l’università di Reggio Calabria, la prima cosa da fare è attuare un monitoraggio puntuale su tutto il territorio italiano. A tal fine risulta di fondamentale importanza che gli apicoltori denuncino immediatamente i casi sospetti di Aethina.
In secondo luogo è necessario un coordinamento fra Ministero della salute e le Aziende sanitarie locali, mentre al Ministero delle Politiche Agricole spetterebbe di individuare i fondi per consentire agli apicoltori la possibilità di ottenere un risarcimento per le perdite subite negli alveari. Inoltre, secondo l’Ateneo calabrese, qualora sia accertata la presenza del coleottero, occorre arare e trattare con permetrina il terreno attorno all’apiario, terreno nel quale l’Aethina si riproduce assicurando un ciclo continuo al di là dei trattamenti – per lo più a base di coumaphos – effettuati negli alveari.
A parte il fatto che molti dei terreni dove si trovano le postazioni sono impossibili di arare: indennità per danni dei cinghiali, della grandine, del embargo russo, delle inondazioni ecc a un certo punto diamo uno stipendio fisso agli agricoltori che si fa prima…
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