Ancora una volta toni apocalittici: il batterio killer che sarebbe la causa del disseccamento dei olivi nel Salento. Il contadino non ha nozioni dirette, quindi rimanda al ottimo post del Pasto nudo che mette tanta carne sul fuoco; da leggere anche questo articolo qui:
Per Stefania Stamerra, titolare di un’azienda biologica a Parabita e membro del comitato «Terra e salute», «gli ulivi si stanno rigenerando», chiaro sintomo, per lei, di un allarme ingiustificato. «Il batterio – le fanno eco Altieri, Gioffredo e Tina Minerva, quest’ultima del comitato «Spazi popolari -, non è patogeno di per sé, ma può diventarlo quando si distrugge la biodiversità e si alterano i naturali equilibri». Gli ambientalisti descrivono poi, prospettando uno scenario terroristico, quello che potrebbe accadere su circa ottomila ettari di uliveti del Sud Salento.
«Si tratta dell’irresponsabile tentativo da parte di alcuni tecnici e politicanti -dicono -, di fare scattare, sulla base di norme europee interpretate in maniera oltranzista, una quarantena coercitiva iperspeculativa e applicata nella maniera più parossistica che si possa immaginare, storicamente mai vista per nessun’altra parassitosi o epidemia (vera o falsa che sia): eradicando ulivi con sintomi di disseccamento su alcuni rami, come ulivi perfettamente sani, ma nei quali dovesse vivere questo organismo microscopico, distruggendo con tonnellate di pesticidi e diserbanti nocivi flora e fauna, autoctona e domestica, su oltre 8000, 10.000 ettari di Salento, con l’uso anche di lancia fiamme per bruciare il muschio al suolo, e aerei per le irrorazioni degli agroveleni».
Un ottimo resoconto della faccenda veniva segnalato nei commenti tempo fa.Gli ingredienti della zuppa sono sempre quelli, come lo erano per il vaccino forzato contro la lingua blu o -esempio clamoroso – la pandemia inesistente della peste suina quando tutti gli Stati hanno comprato Tamiflu a gogò per poi buttarlo: la politica che si appoggia molto volentieri su risultati scientifici (frettolosi o anche non-scientifici), l’urgenza perché bisogna arginare il fenomeno, gli ecologisti/ambientalisti/naturalisti che spingono per aspettare. Purtroppo spesso solo dopo si sa chi aveva ragione.
Ma quando si legge batterio killer|calabrone killer|xyz killer diffidare, aspettare e approfondire è molto probabilmente la reazione giusta. I giornalisti farebbero bene a non abusare di questa parola. E a proposito di parole una caratteritisca dei nostri tempi è che abbiamo sempre la sigla pronta per dare un nome alle cose che non capiamo. In questo caso è CDRO (Complesso del disseccamento rapido dell’olivo), liberamente ispirata dalla CCD (colony collapse disorder) delle api.
Secondo l’agronomo salentino Cristian Casili gli alberi morti per via di questa patologia sono una percentuale davvero minima dei 9 milioni di ulivi presenti in Salento, meno dell’1%, e l’infezione è comunque a macchia di leopardo, con poche piante gravemente colpite frammiste a piante sane o debolmente affette. “Bisogna tener presente”, ricorda Casili, “che l’ulivo è una pianta molto resistente e con una grande capacità di ripresa. Le piante colpite erano probabilmente indebolite da tecniche colturali errate o scarse, con potature estreme che favoriscono l’ingresso di patogeni e altri fattori antropici che avevano precedentemente colpito l’agroecosistema”.
che poi eradicare gli ulivi del Salento non è mica come eradicare quelli della Toscana che sono quasi tutti ulivini perché la gelata del 1985 li bruciò quasi tutti.
nel Salento si parla di alberi enormi, bellissimi, molti dei quali secolari. io ci sono stata più volte e li ho visti, non sono ulivi, sono monumenti, basta fare un giro su Google image o Google maps satellite (che è poi la visione dall’aereo) per farsi un’idea. si dovrebbe aspettare 10 milioni di volte prima di toccarli. invece parlano di buttare giù tutto come se fossero stuzzicadenti… boh
L’olivo ha capacita enorme di rigenerarsi. Ma anche qui vedo una cosa che fin’ora nessuno ha saputo dirmi cos’è: marcisce la radice e si riforma di continuo ma superficiale ma con l’effetto che non vivono e non muoiono.
E non chiamare “olivini” quelli della Toscana che sì si sono bruciati ogni 30 anni ma sono secolari anche loro, anche se “solo” sotto terra ovvero la loro scerpa (radice).
ecco, al lato invisibile dei nostri ulivi non avevo mai pensato.
bello pensare che almeno le radici vivono a lungo.
auguri a te, moglie e famiglia da me e marito! 🙂