Così al caldo al contadino sembra che la scelta del comitato di dare il premio Nobel per la pace ad Al Gore poco comprensibile. Un risultato della sua campagna è che siamo quasi entrato in una guerra contro il riscaldamento globale (mentre è diventato pane quotidiano quello contro i terroristi); ora trasformiamo pane e mangime in biodiesel (etanolo) e tagliamo la foresta pluviale per piantare palme da cocco.
Dov’è la pace in tutto questo?
Devono aver pensato che se il Nobel per la guerra era andato a Bush, quello per la pace doveva andare a Gore. Più seriamente, gli Stati Uniti restano un ancora modello di vita per molti, soprattutto nei paesi emergenti e perciò quello che succede lì, ha poi forti ripercussioni culturali. Defunte le ideologie, oggi le guerre sono apertamente economiche e solo una visione globale, ecologica e ambientalista può rendere meno aspri gli scontri per appropriarsi delle risorse residue.
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