Nel ufficio dei coldiretti gli hanno proposto di firmare la petizione per una “pizza italiana patrimonio dell’umanità fatto con solo ingredienti italiani”. Il contadino ha preso un colpo. Di questo passo presto ogni cibo nazionale di ogni paese potrebbe diventarlo, poi il suo secondo ragionamento fu che la poca mozzarella e il grano duro nostrale non basterebbe mai mai per le 50mila pizzerie, a parte il fatto che secondo lui un grano duro estero non è per forza di natura peggiore che quello “coltivano” i contoterzisti sui campi sotto di lui (un disastro ambientale tra concime, diserbo, trattori pesanti e erosione).
Ieri poi ha visto che già il secondo candidato è in arrivo: il pesto genovese. Allora subito il Wurstel viennese e l’amburger americano, perché no?
La pizza e il pesto si troverebbero in compagnia buona dell’Opera dei Pupi (Sicilia):
L’Opera dei Pupi è un tipo di teatro delle marionette, i cui protagonisti sono Carlo Magno e i suoi paladini emerso agli inizi del XIX secolo prima a Napoli e seccessivamente in Sicilia.
e il Canto a tenore:
È uno stile di canto corale sardo di grande importanza nella tradizione locale
le uniche due voci italiane presenti nel “Patrimoni orale e immateriale dell’umanità“.
Forse hanno capito male il riferimento al “orale”.
Ora è giusto che si difende un prodotto, ed esistono già i mezzi.
Ma interessante è che anche con il cibo c’è l’effetto placebo: importa un sacco chi lo propone, cosa ne pensiamo, la fama che ha, se lo riteniamo sano o meno e molto altro. Ed è giusto che sia così, è sempre stato così e già solo l’aggettivo “italiano” rende il cibo migliore a prescindere, e questo è un bel regalo che il paese ha fatto al mondo. Il contadino non sa bene sé sia giusto o meno se ora vuole soldi per il regalo, sì, c’è crisi ma non crede proprio che un solo olivo toscano abbandonato viene ripreso in coltivazione con questo tipo di battaglio del “made in Italy” alimentare.