Il contadino da due giorni ha aperto un tab del browser con il nuovo contratto di Google Adsense e non si può decidere di accettarlo: You agree that Google may transfer and disclose to third parties personally identifiable information about You... e altre belle cose ancora in legalese inglese.
All'inizio voleva solo offrire un servizio a chi cerca roba fotovoltaico...
Forse lo vedono anche dallo spazio come è indeciso, ora. Qualche dettaglio tecnico su Wikilab.
commenti (2)
IL DOGANIERE DI LAUFENBURG
(Tratto da “Le rose di Atacama” di Luis Sepúlveda)
Laufenburg è una cittadina svizzera divisa dal vecchio Reno, che scorre verde e maestoso sotto il ponte che un tempo separava, e ora unisce, le due parti della città. Sul lato tedesco, dietro Laufenburg, inizia lo splendido universo verde della Selva Nera. Nella parte svizzera invece si può vedere l’ordine perfetto, quasi snervante della campagna elvetica, che come in un’allucinazione porta a pensare che i fili dei prati abbiano tutti la stessa lunghezza e che le mucche, vittime di una pazzia peggiore di quella delle loro colleghe britanniche, si muovano tutte allo stesso ritmo.
Nella parte tedesca si parla Alemannisch, uno dei dialetti più dolci del ricco mosaico linguistico della Germania meridionale. Quando si arriva a capirlo, l’abuso di diminutivi fa sì che un sudamericano si senta a casa.
Sul lato svizzero si impone invece lo Schweizerisch, e gli abitanti si uniscono alla tenerezza dell’Alemannisch solo durante i giorni di follia e musica della Fastnacht, il carnevale. Per passare dalla parte tedesca a quella svizzera è necessario attraversare il ponte e armarsi di pazienza, perché nel posto di controllo alla frontiera elvetica c’è il Doganiere.
Su tutti e due i lati del ponte ci sono doganieri. Ma i tedeschi svolgono il loro ruolo in modo abbastanza rilassato, ed è comprensibile perché in mezzo a un paesaggio così sognante nessuno vuol creare, né vuole che gli vengano create, difficoltà: perciò i ragazzi del lato tedesco salutano amabilmente la gente che passa, osservano il fiume e molto spesso se la svignano a bere qualche pinta di birra in uno qualunque degli accoglienti bar con i tavoli all’aperto sulla riva del Reno.
I doganieri svizzeri fanno la stessa cosa, ma con un’eccezione: il Doganiere.
Il Doganiere è un uomo basso e grassottello, che veste con grande dignità la sua uniforme grigia e che inclina con civetteria a sinistra il basco regolamentare. Deve essere sulla sessantina, ha i capelli grigi e porta un paio di occhialetti sul naso. A colpo d’occhio sembrerebbe un gioviale ciccione, ma non è così, perché quell’uomo è il Doganiere.
Sono molti i tedeschi che lavorano in Svizzera, e ogni mattina tremano solo all’idea che sia di turno il Doganiere. Tale timore è perfettamente giustificato perché con la sua ansia di controllare tutto e il suo febbrile senso del dovere rischiano di perdere un mucchio di tempo.
Così, per esempio, un abitante della parte tedesca di Laufenburg che tutto l’anno attraversa due volte al giorno la frontiera, in una routine che si ripete ormai da dieci anni, può avere la sfortuna di incontrare il Doganiere.
“Documenti, oder?” dice il Doganiere.
“Di nuovo? Ma se mi conosce fin da quando ero bambino” risponde il tedesco.
“Documenti” insiste freddo il Doganiere.
Il tedesco glieli consegna e sopporta stoicamente lo sguardo del Doganiere, che controlla se la foto coincide, se il colore degli occhi corrisponde a quello indicato, se la carta d’identità è autentica e se è ancora valida.
“Ha qualcosa da dichiarare, oder?” chiede il Doganiere.
“Nulla. Cosa diavolo vuole che abbia da dichiarare?” risponde il tedesco.
“I motivi del suo viaggio in Svizzera?” indaga il Doganiere.
“Senta, sono dieci anni che lavoro nei laboratori della CIBA e lei lo sa perfettamente” esclama ormai risentito il tedesco.
“E questa borsa? Cos’ha in questa borsa?” chiede il Doganiere indicando la fonte dei suoi sospetti.
Il tedesco apre la borsa. Dentro c’è un thermos di caffè e un delizioso sandwich di pane nero con formaggio, prosciutto e cetriolo.
“Pane, formaggio, prosciutto e cetriolo, oder?” enumera il Doganiere.
“E burro. Molto burro” mormora il tedesco guardando l’orologio.
“Apra il bagagliaio della macchina” ordina il Doganiere.
Il tedesco esce dall’auto, respira a fondo e obbedisce. Quando apre il bagagliaio, sente un’esclamazione di trionfo del Doganiere che con un dito accusatore indica quello che c’è dentro.
Il tedesco guarda e si odia per non aver vuotato il bagagliaio. Il giorno prima è andato con i figli in piscina e ha dimenticato di togliere i salvagenti a forma di papero, le maschere subacquee e due terribili pistole ad acqua che il Doganiere esamina con le stesse precauzioni degli artificieri britannici nell’Ulster.
“Senta, ci conosciamo così bene che potremmo essere parenti. Non penserà che sono un contrabbandiere di paperi di plastica” dice sconsolato il tedesco.
La madre del Doganiere è molto popolare fra gli abitanti della Laufenburg tedesca, e se considero il curioso inventario di insulti scatologici tedeschi, lo è anche il suo sfintere.
Ecco a cosa pensa il tedesco mentre solleva il cofano perché il Doganiere controlli con occhi di lince e una piccola torcia il carburatore, il radiatore e il liquido dei freni.
Io di solito attraverso la frontiera tre volte a settimana, perché compro cioccolata e sigarette di tabacco nero nella parte svizzera di Laufenburg, e posso dichiarare con orgoglio di detenere uno strano record: il Doganiere ha fotocopiato il mio passaporto circa cinquecento volte, pagina per pagina, dalla prima all’ultima. La faccenda è costata abbastanza cara all’erario elvetico.
Ogni volta che lo fa e mi chiede dove vado, i motivi del mio viaggio in Svizzera e se ho qualcosa da dichiarare, oder?, ho l’impressione che le sue domande racchiudano una dichiarazione di principi che dice:”A me non importa un accidente del trattato di Maastricht! A me non importa un bel nulla degli accordi di Schengen! Eccomi qua, il custode delle frontiere e delle mura, l’ultimo cavaliere crociato che difende l’Europa dagli infedeli. Eccomi qua, il Doganiere svizzero di Laufenburg!”.
[Simpatico questo racconto di Sepúlveda, che mi è sembrato carino fartelo leggere.
Poi la domanda che viene spontanea è: il contadino è così, come il Doganiere di Laufenburg?
Con il suo ordine perfetto, quasi snervante, con la sua ansia di controllare tutto il controllabile ed il suo febbrile senso del dovere????? ;o)
E cosa significa “oder”?]
Laura | 29.10.04 14:08
29.10.04 14:08
Ci siamo un po' OT (fuori tema) anche qui, ma tant'è. Ci sono persone che hanno il vizio di finire tutte le loro frasi con "oder", ma qui è tirato un po' a caso, perché "oder" significa "o", e viene usato nel senso di "non è vero?", "ho ragione?", "dammi ragione". Oder?
ste | 29.10.04 18:50
29.10.04 18:50