Di fatto, l'inglese è già oggi il comune denominatore linguistico... si legge nell'articolo 2015,l'inglese lingua globale, la parlerà mezzo mondo della Repubblica. Ma purtroppo ogni lingua è adatta a un modo specifico di pensare. Se volevi fare il filosofo duecent'anni fa ti dovevi incarnare per forza in Germania se no niente, per fare un esempio. Viviamo vistosamente nel epoca culturale inglese/tedesca, ma un po' di pensieri e influssi diversi farebbero bene come condimento nella zuppa globale inglese.
Su Le Monde diplomatique (cartacea ma ora online) lo sottoscritto straniero professionale imbranato (che im moment deve switcha dall'inglese via l'alemannico all'italiano fasch ogni minute) ha trovato un articolo molto interessante.
Il succo è che intanto non impari mai bene ad esprimerti in un altra lingua. Allora perché a scuola non impari solo di capire le altre lingue del tuo gruppo, e basta. L'italiano parlerebbe in Brasile la sua lingua, e l'interlocutore brasiliano risponderebbe in portoghese, e si capiranno meglio che parlandosi in inglese. E rimarrebbero nel loro modo di pensare.
La risposta, almeno parziale, può essere trovata nel concetto di «famiglie linguistiche», e in questo ambito, nell'apprendimento dell'intercomprensione, in particolare nell'ambito delle lingue romanze. In termini di apprendimento, queste ultime si potrebbero considerare come una sola ed unica lingua. I metodi in questo senso esistono, e chiedono solo di essere sviluppati.
commenti (8)
Be, trovo molto ironico che chi ha tradotto il testo dell'articolo non capisca il francese (o non conosca l'italiano) a sufficienza da sapere che si parla di "lingue romanze" non di "lingue romane".
Comunque, Ste, tu sai che io ho un po' la passione delle lingue, e penso che dedicherò un post a questo tema.
Pensieri Oziosi | 04.03.05 23:59
04.03.05 23:59
Caspita. Ma sottolinea l'aspetto romantico di queste lingue...mi ero fermato un attimo solo alla parola "romanze", senza realizzare nulla. Sarà solo un errore di stampa invece?
Poi l'articolo l'avevo letto tradotto in tedesco su carta.
ste | 05.03.05 00:01
05.03.05 00:01
A proposito di lingue, io non ho ancora capito se il contadino non parla bene l'italiano, o se si esprime male di proposito, alcuni discorsi non si capiscono tanto bene... Un saluto, Gabriele.
Gabriele | 06.03.05 14:54
06.03.05 14:54
Questo progetto di blog ha tra l'altro il compito di far imparare l'italiano al sottoscritto. Quell'italiano che potete leggere su queste pagine è il risultato di 7 anni e mezzo di latino e francese combinato con l'apprendimento autodidattico dell'italiano di un contadino marchigiano emigrato in Toscana più l'idioma locale che dicono che si parla solo al Leccio.
ste | 06.03.05 14:55
06.03.05 14:55
L'articolo del Monde Diplomatique non è più on-line. Non è per caso che lo avevi salvato da qualche parte?
Pensieri Oziosi | 07.03.05 00:09
07.03.05 00:09
Ora è un po' tardi per ricostruire il commento perduto. Il cittadino ci penserà dopo una bella dormita, ma intanto ecco il link per ritrovare l' articolo di Bernard Cassen pubblicato da Le Monde Diplomatique. E nel caso serva, qui c'è ancora una copia.
Vittorio B. | 07.03.05 02:21
07.03.05 02:21
Che servizio, grazie. Cambiero il link.
ste | 07.03.05 07:34
07.03.05 07:34
Come promesso, ecco qui - più o meno - il commento che era andato perduto nello tsunami digitale di febbraio.
Sono d'accordo al 100% con quanto scrivi, Ste.
Questa cosa dell'intercomprensione all'interno delle famiglie linguistiche merita d'essere coltivata.
Mi ricordo quando, per lavoro e in un gelido inverno di qualche anno fa, fui catapultato a Pamplona, la città basca famosa per los Sanfermines, con el Encierro celebrato da Hemingway. Dovevo partecipare a un "workshop" organizzato da un'agenzia di sviluppo del Governo della Navarra. La lingua di lavoro era il francese, ma mi fu d'aiuto quel poco di spagnolo che mi viene dalla lettura appassionata dei poeti della Generazione del '27, quali Federico Garcia Lorca e Rafael Alberti per intenderci. Mi accadde, e la cosa fu davvero comica, di dover parlare con un informatico spagnolo, che in realtà era catalano. Dopo il primo scambio di battute in inglese, realizzammo che non ci sarebbe stato modo di comprenderci con reciproca soddisfazione se non parlando ciascuno la propria lingua nazionale.
Ricordo pure con piacere l'ultima sera in terra di Navarra, trascorsa in un caratteristico bar de tapas, con l'incrociarsi di chiacchiere spensierate in italiano, portoghese e castigliano.
Colgo l'occasione per segnalare due ricorrenze molto significative:
21 febbraio, Giorno Internazionale della Lingua Materna, promosso da UNESCO,
26 settembre, Giorno Europeo delle Lingue, promosso dal Consiglio d'Europa.
Vittorio B. | 19.03.05 00:04
19.03.05 00:04